Dall’archeologia all’etnologia all’ecologia
Dall’archeologia all’etnologia all’ecologia.
Architettura di un sito in una nuova ottica, Ex Chiesa di Sant’Eufemia sede del Museo Archeologico Ambientale delle Acque del Padovano.
Il Maaap non è semplicemente un museo ma un laboratorio di ricerca e di didattica sperimentale focus ideale per lo studio dei manufatti ritrovati nel fiume Brenta per analisi storiche, etnologiche e archeologiche del Territorio di Altichiero e di Padova, e per nuove strategie metodologiche di didattica museale.
Il sito in cui sorge la Chiesa di Sant’Eufemia è anch’esso oggetto di studio storico.
Prima di entrare nel vivo della conferenza di oggi faremo una breve digressione etimologica sull’argomento.
L’ecologia culturale è il filone di ricerca delle scienze etnoantropologiche che investiga le relazioni tra gli aspetti socio-culturali dei gruppi umani e l‘ambiente nel quale vivono, in stretto rapporto con altre discipline quali: l’Ecologia, la Geografia umana, la Biologia, l’Archeologia, l’Economia, la Demografia.
L’Etnoarcheologia: è la Disciplina che studia le caratteristiche antropologiche delle culture contemporanee per analizzare usi e costumi delle civilizzazioni umane del passato, delle quali rimangono testimonianze archeologiche.
Il territorio come bene culturale è un intreccio di beni materiali e immateriali. Oggi parlare di territorio, di patrimonio culturale, di storia significa anche non dimenticare il senso e l’appartenenza di una memoria che vive nei simboli. E i simboli si trasmettono, si contestualizzano, si interpretano. Hanno un loro valore. Penso alle aree archeologiche, ai musei. Se i beni culturali sono identità, la etnoarcheologia è una testimonianza dei territori.
La Storia stessa rappresenta modelli di civiltà e percorsi di epoca che tracciano l’Identità.
Arriviamo a noi, al nostro piccolo laboratorio di ricerca che è il MAAAP, il quale racchiude tanti pezzetti della storia del nostro Territorio come una Matrioska riporta oggetti di varie epoche della Storia Veneta, narra tracce di diversi gruppi etnici che qui hanno stanziato ed appartengono al territorio caratterizzato dal fiume che ha lasciato la sua impronta negli usi e costumi delle Genti che qui hanno soggiornato.
I beni culturali che sono custoditi nelle teche del Museo sono i simboli di una identità comunitaria oltre ad essere stati riferimenti e contenitori del processo storico.
Vanno conservati, salvaguardati, vanno restaurati e restituiti alla fruibilità. Pezzi, ruderi, macerie sono una testimonianza che continua a vivere nel disordine della storia. Sono pur sempre un bene pubblico ma un bene pubblico diverso.
Nel mistero e nella storia costituiscono un viaggio nella civiltà. I beni culturali vanno affidati agli uomini che fanno cultura e che della cultura hanno una idea precisa che è quella del raccordare processo di ricerca e modelli economici, capacità di valorizzazione ed apertura a realtà altre rispetto ai soli addetti ai lavori.
Una struttura come un’area archeologica o un fiume o un tempio o una chiesa o i musei (o ancora altri riferimenti definiti come patrimonio beni culturali) non sono degli elementi o valori aggiunti ad una comunità. Sono parte integrante di una comunità, la quale anche attraverso queste presenze continua a testimoniarsi nel quotidiano. E in virtù di questa storia depositata si potrebbe realizzare una progettualità in grado di avviare una rilettura dei Territori il nostro Habitat o Nicchia ecologica. Vogliamo dire che non possiamo più pensare di avviare progetti bloccati su percorsi storici definiti ma occorre ormai necessariamente una intelaiatura ad incastro; non possiamo prescindere da altre discipline come l’ecologia, la geografia, l’architettura ecc.
Se la storia, come sosteneva De Felice, non conosce parentesi la si deve studiare e presentare nella sua globalità. Si studia il territorio (e quindi non solamente una comunità: anzi si avvia il lavoro conoscendo la memoria di una comunità) grazie ad una consapevolezza di affiliazioni storiche. Un territorio va “risistemato, ridisegnato” nella sua complessità. Credo che occorrerebbe superare i progetti – confine. Non si può più prendere, nel campo dei beni culturali, un periodo della storia e analizzarlo. Questi sono modelli scolastici che andrebbero, nella traduzione di una lettura sul territorio, completamente superati. Anzi sono già superati.
Un territorio conscio di conservare risorse storiche (archeologiche, monumentali ma anche antropologiche e linguistiche) deve essere “visualizzato” e interpretato in tutte quelle espressioni che hanno permesso di documentarsi con delle matrici identitarie.
I territori sono i veri depositari dei testamenti delle epoche e delle civiltà.
Il contesto nel quale nasce il Maaap ci riporta all’architettura di questo luogo attraversato dal fiume Brenta, luogo che dev’essere rivalorizzato.
I beni culturali sono reale prospettiva all’interno di quattro presupposti principali: liberalizzazione nella gestione dei musei, attenzione fondamentale al bene culturale non solo come dato di ricerca ma come elemento valorizzante di un territorio, maggiore dialogo tra cultura e politiche di investimento, interazione tra i vari campi degli studi, ricerca ecologica per educare le nuove generazioni al Rispetto dell’ambiente, creazione di nuovi modelli di sviluppo. (vedi la Carta Dei Diritti dei Fiumi e la creazione del Tribunale delle Acque Fluviali).
Video-Conferenza di Luglio 2020 tenuta da Patrizia Mecchia Docente Referente della Didattica del Maaap e dalla dott.ssa Valentina Donà Vicepresidente del Direttivo dell’Associazione Culturale La Crose ODV per il Maaap.